/<1993>/ Come operi l'astuzia in altri campi della vita, del lavoro, dei rapporti umani, temo che non vi saprei dire, e poi cosa c'entra con un libro di cucina. Ma per quanto riguarda la cucina ho le idee chiarissime, e così semplici che dovrei poterle spiegare in poche righe. In cucina, a una donna astuta che ha molto altro da fare sono aperte due strade. Una, essere o fingersi o fingere di diventare (questo, magari, un po' per volta) quel che si dice una «frana», eventualmente anche «totale». Se è negata per natura, il gioco è già fatto; se invece per natura avrebbe la mano felice, dovrà applicare quella che tecnicamente si chiama incompetenza creativa. Le costerà un po' di fatica, ma abbiamo già detto che è intelligente, quindi non dovrebbe esserle impossibile portare in tavola, che so, spaghetti scotti, un risotto acquoso e (o) colloso, le classiche scaloppe o bistecche dure come suole, un arrosto troppo crudo oppure invece cotto fino allo stato di cordame e via dicendo. Risultati? Se è single, nessuno mai le dirà per la seconda volta «vengo a mangiare da te» (o, più carino, «potrei venire ecc.?»); se ha un compagno o un marito o una famiglia completa, tutti mangeranno fuori il più spesso possibile, marito compagno figli non le chiederanno tanto facilmente di invitare a cena questo o quello, si andrà spesso al ristorante, oppure si compreranno cose fatte, oppure si cercherà di trovare una persona di servizio che sappia anche cucinare, oppure forse imparerà a farlo qualcun altro del gruppo. Paradiso? In un primo momento può sembrare, ma in realtà non ne sono tanto sicura, anzi, pensandoci meglio, vedo parecchie controindicazioni pratiche, economiche e psicologico-sentimentali. Il più grave ostacolo (per non soffermarci su problemi minori) appartiene a quest'ultima categoria e sta nel fatto che, per cucinare male quando lo si saprebbe fare bene o per rifiutarsi di imparare quando sarebbe tanto facile, occorrono - in un mondo in cui gli uomini sono ancora così deboli, inetti, pasticcioni, bisognosi d'affetto - una forza di carattere e, oso dirlo?, una durezza di cuore che purtroppo non tutte abbiamo ricevuto in dono da natura. Seconda strada: una donna che ha molto altro da fare e che decide anche di cucinare deve farlo con mano lesta ma bene. Bene perché? Eliminare le piccole difficoltà e le piccole fonti di irritazione. Vi è mai capitato, mentre lavorate in cucina con l'acqua alla gola, vi è mai capitato di sentirvi sull'orlo di una crisi di disperazione, perché non trovate le presine con cui dar di piglio ai manici di un recipiente caldo, o i fiammiferi o l'accendigas, oppure il cucchiaio di legno con cui mescolare il risotto? Bene, eliminate questa fonte di piccoli ma sconvolgenti problemi facendovi un'abitudine di mettere presine e fiammiferi o accendigas, sempre oppure appena cominciate a cucinare, nel posto dove vi sarà più comodo trovarli: che, se esiste una logica, dovrebbe essere molto vicino ai fornelli. Nello stesso posto tenete raccolte le posate che vi servono per mescolare o girare i cibi in cottura, posandole su un piatto oppure infilandole, manico in su, in un recipiente relativamente alto ma molto stabile. Per preparare composti e impasti non usate recipienti troppo piccoli: dovreste fare movimenti troppo cauti e lenti per timore che gli ingredienti ne escano, o perdere tempo a raccattarli quando difatti sono caduti oltre l'orlo. Per la stessa ragione, meglio usare taglieri di misure abbondanti. Quando occorre, ed è possibile, usate gli stessi recipienti nel corso della preparazione d'uno stesso piatto o pasto: meno disordine subito, meno lavoro dopo, quando si tratta di riordinare. Spesso una casseruola o terrina sciacquate sommariamente o una padella antiaderente pulita in fretta con carta da cucina possono servire a due o più operazioni successive. Fate largo uso di recipienti di cottura con rivestimento antiaderente. In questi recipienti il cibo non attacca, o quasi non attacca, il che rende immensamente più facile la cottura. E si lavano rapidamente, come piatti, con lo stesso detersivo dei piatti e uno spazzolino oppure una spugnetta appena appena abrasiva; di solito escono puliti anche dalla lavastoviglie. Si ottengono dei filettini di aspetto insolito e decorativo. Troppo salato E', diceva l'Artusi, il peggior difetto delle vivande; e di rado si può correggere. Però: - se avete salato troppo un brodo, sugo, minestra o altra preparazione liquida o semiliquida, provate a mettervi e cuocervi una o più patate, che assorbiranno parte del sale; scolatele prima che comincino a sfarinarsi; - se avete salato troppo una salsa, provate a passare sulla superficie, a zig-zag, una zolletta di zucchero che vi immergerete quanto più a fondo vi riesce, tenendola per un angolo; assaggiate e se occorre ripetete con altre zollette; - al sugo di cottura di una carne potete provare, anche, ad aggiungere zucchero scuro, che dovrebbe renderlo meno salato senza però addolcirlo. Uova Per separare il tuorlo dall'albume, il sistema più pratico è, dopo rotto il guscio, versarsi l'uovo in mano: il tuorlo ci resta e l'albume scorre via tra le dita. Se volete conservarlo, dovete naturalmente tenere la mano sopra un recipiente. Verdure Per tagliarle a fette o a bastoncini di vario spessore, potete usare un tagliaverdure elettrico o a mano (che generalmente conviene impiegare per quantità che non siano minime: montarlo, smontarlo, lavarlo richiede più tempo che affettare un paio di zucchine), oppure un coltellino o coltello della misura che vi torna più comoda. Per affettare una verdura a mano, se è piuttosto morbida e sottile, come per esempio una zucchina, conviene tenerla in mano, se invece è piuttosto grossa e/o di polpa più dura, si lavora generalmente meglio appoggiandola sul tagliere. In questo caso, se l'ortaggio è a sezione rotonda e di consistenza piuttosto dura (come patate, rape, carote), conviene prima tagliare una sottile fetta. Risotti Come si è già detto (a pagina 69), i risotti sono, in questo libro, gli unici piatti che vi porteranno via più di 10 minuti (circa) del vostro prezioso tempo: per prepararli secondo il metodo semiconvenzionale delle ricette qui di seguito, di minuti ce ne vorranno quasi una ventina. Veramente non si può dire che siano molti; ma per una donna che ha tante altre cose da fare potrebbero, qualche volta, essere ancora troppi. Potete però ridurli a circa 9 usando una pentola a pressione. Il procedimento per adattare a una pentola a pressione le ricette di questo libro è il seguente: 1 Riunite nella pentola a pressione il riso, gli altri ingredienti che vi vanno aggiunti fin dal principio della cottura, se ce ne sono (ci sarà sempre per lo meno il sale), e 7 decilitri d'acqua. 2 Chiudete la pentola, mettetela su una fiamma forte. 3 Quando la pentola fa sentire il sibilo o sbuffo con cui annuncia di avere raggiunto la cosiddetta «pressione d'esercizio», riducete la fiamma a poco più che al minimo. 4 A partire da questo momento cuocete, le prime volte che eseguite una ricetta, per 4 minuti o poco più. 5 Fate scaricare la pressione con le cautele d'uso (illustrate in ogni libretto d'istruzioni, e che quindi non ripeto qua); aprite la pentola e rimettetela al fuoco - aperta per finire di portare a cottura il riso e far consumare il liquido in eccesso. In questa fase, che però sarà breve, dovrete mescolare quasi senza interruzione. Dovete anche regolare la fiamma, tenendola tanto più forte quanto più il riso è prossimo alla cottura e quanto più abbondante è il liquido da far evaporare. 6 Completate il risotto con gli ingredienti prescritti alla fine di ogni singola ricetta. P.S. Il tempo di cottura a pentola chiusa, al punto 4, si dovrebbe poter allungare fino a 5 minuti circa (o anche qualche decina di secondi in più, se vi piace riso molto tenero o se la qualità che usate è piuttosto resistente alla cottura). Così, aprendo la pentola trovereste il risotto già pronto da condire e servire. Però le prime volte è meglio osservare tempi più brevi, per non rischiare di ritrovarsi con un riso troppo cotto.