/<1985>/ LA LOCANDA DELLA BALENA CHE FUMA. CHIAMATEMI semplicemente Ismael. Qualche anno fa (non chiedetemi di essere più preciso), essendomi accorto che il mio portamonete era pressoché vuoto, decisi di rimettermi a navigare, tanto per caracollare ancora un po' sulle grandi distese liquide di questo mondo. Non sono riuscito a trovare di meglio per tirar su il morale, cioè per vincere la tristezza e regolare la circolazione del sangue. Certa gente, quando è oppressa dalla malinconia, si toglie la vita in un modo qualsiasi. Catone l'Uticense, ad esempio, si lasciò cadere sulla propria spada; io, invece, mi installo tranquillamente sopra una nave. Niente di straordinario, naturalmente. Gli uomini non se ne rendono conto, ma ciascuno di loro, in un dato momento della sua vita, ha provato per il mare lo stesso profondo amore che provo io. Mettiamo le cose in chiaro, però. Io non navigo come un passeggero qualsiasi, bensì come semplice marinaio. Perché? Ma perché sono pagato per quel po' po' di lavoro che faccio a bordo, e anche perché il mestiere del marinaio è il più bello e il più sano che conosca. Mi chiedete come mi sia venuta l'idea di partecipare a una battuta di pesca alla balena, dopo aver viaggiato esclusivamente su navi mercantili? Dopo matura riflessione, credo di aver capito i motivi che mi hanno spinto a gettarmi in questa avventura. Il primo dev'essere che la formidabile immagine della balena, mostro impressionante e misterioso, ha affascinato sempre la mia fantasia. Per il resto, avevo un gran desiderio di vedere i selvaggi oceani in cui i grandi cetacei portano a spasso i loro corpacci colossali, simili a isole viventi. Insomma, volevo iniziarmi ai pericoli ai quali si espongono tutti coloro che attaccano le balene. Sapeste quante volte avevo contemplato in sogno intere processioni di balene, con quella specie di fantasma incappucciato, simile a una collina incoronata di neve, che ricadeva su di loro! E poi, mi aspettavo meraviglie dai paesaggi e dai venti della Patagonia. Tutto mi spingeva a non lottare contro la tentazione del mio desiderio. Gettai qualche camicia nel mio vecchio sacco da marinaio e, senza perder tempo, mi misi in cammino alla volta di Capo Horn, e dell'Oceano Pacifico; cioè, mi recai anzitutto da Manhattan (1), dove abitavo, a New Bedford, nel Massachusetts. (1) Ai tempi dell'A., Manhattan non era certo il moderno e enorme quartiere che è oggi (N.d.t.). Appena arrivai a New Bedford, un sabato sera, in pieno dicembre, ebbi la sgradevole sorpresa di apprendere che il piccolo veliero di linea con l'isola di Nantucket aveva già salpato le ancore. Era giocoforza aspettare il suo ritorno, fino al lunedì successivo. Che cosa potevo fare durante quei due giorni? Comunque, ero fermamente deciso a raggiungere Nantucket, punto di ritrovo dei cacciatori di balene americani e luogo di partenza delle più antiche spedizioni. La notte era buia e freddissima. Mi fermai vicino a un paracarro, sempre col sacco sulla spalla, cacciai una mano in tasca e ne tirai fuori i pochi spiccioli che possedevo. Caro Ismael mi dissi guardandomi in giro, è indispensabile trovare un buco per dormire. Ti raccomando, però, di non essere esigente; e, soprattutto, fatti dire i prezzi delle camere, prima di metter piede in una locanda! Gironzolai un po' per le strade senza un'idea precisa di dove andare. Le diverse locande, davanti alle quali passai, mi parvero terribilmente sontuose. Non mi fermai neppure. Infine, non molto lontano dal porto, verso il quale mi ero diretto istintivamente, scorsi all'improvviso, in un alone di luce, una insegna che, sotto la spinta del vento, si dondolava cigolando. Raffigurava un getto d'acqua spumeggiante, sul quale c'era la scritta La balena che fuma Proprietario Peter Coffin. La locanda, con quella facciata sudicia e screpolata, non era certo invitante. Ma era il posto che ci voleva per me, date le condizioni delle mie finanze. Spinsi la porta ed entrai. Alla scialba luce di una lanterna sospesa al soffitto, alcuni marinai seduti attorno a un tavolo bevevano in silenzio. Mi avvicinai al proprietario e gli dissi: Vorrei una camera. Impossibile rispose quello. Tutto occupato. Poi, colpendosi alla fronte, soggiunse: Un momento! Avete intenzione di andare alla pesca della balena, non è così? In questo caso, avreste difficoltà a coricarvi nello stesso letto di un fiociniere? Tanto, prima o poi dovrete abituarvi ai vostri futuri compagni, non è così? La prospettiva di dividere il letto con un uomo che non conoscevo non mi sorrideva per niente. Ma, per una semplice questione di delicatezza, potevo correre il rischio di vagabondare tutta la notte in una città dove mettevo piede per la prima volta? Chi è questo fiociniere? domandai. Oh, un brav'uomo! Beh, in questo caso accetto dissi in tono di rassegnazione. Ottimamente! Ora sedetevi. Vi preparo una cenetta coi fiocchi. Qualche minuto dopo, gli altri clienti e io entrammo nella stanza vicina. L'atmosfera era addirittura glaciale, e la luce ancora più scarsa. Soltanto due candele illuminavano la stanza. Quanto al caminetto, era vuoto! Notando la mia sorpresa l'albergatore mi spiegò: Il fuoco è un lusso del quale debbo fare a meno... Per riscaldarmi non trovai altro mezzo che di abbottonarmi il camiciotto e di afferrare con ambo le mani la tazza piena di té bollente. La cena, però, si rivelò quanto mai sostanziosa: carne, patate e, con mio profondo stupore, una specie di torta di zucchero e frutta. Accanto a me, un giovane marinaio dal camiciotto verde mi si scusi la espressione s'ingozzava come un porco. Ehi, tu! lo apostrofò a un tratto l'albergatore. Vuoi proprio scoppiare? Un po' di moderazione! E' questo qui il fiociniere? sussurrai all'albergatore. Oh, no! rispose quello con un sorriso che mi sembrò diabolico. Il vostro fiociniere non è un bianco. E poi, non gli piacciono i dolci. Preferisce le bistecche. E ben sanguinolente! Accidenti!... E dov'è? Non si trova nella sala da pranzo, ma non tarderete a fare la sua conoscenza. Dopo aver mangiato, rientrammo nel primo locale. Improvvisamente, all'ingresso scoppiò un baccano terribile. E' l'equipaggio del Grampus gridò l'albergatore. Tre anni di assenza... Salve, ragazzi! Finalmente ora sapremo le ultime notizie delle isole Figi! Strascicando i pesanti stivali, i marinai del Grampus irruppero nel locale e si diressero senza esitare verso la gola della balena, cioè verso il banco, dove Giona (alludo al padrone) si mise a riempire tutto eccitato i bicchieri. Quegli uomini erano avvolti in pellicce così pesanti da sembrare altrettanti orsi del Labrador. Poco dopo, sotto i fumi dell'alcool, cominciarono a vociare, a ballare e a cantare canzoni marinaresche. Notai che uno di loro sembrava deciso a non partecipare all'allegria generale. Era un gigante di poco al di sotto dei due metri, dal torace robusto e dalle spalle superbe. Una vera montagna di muscoli. La sua dentatura era così bianca che, quando la mostrava, segnava un taglio nel bruno della faccia. I suoi occhi neri sembravano pieni di ricordi misteriosi. Quando il frastuono si fece più assordante, il gigante decise di svignarsela. Prima di raggiungere la soglia, però, alcuni compagni intuirono le sue intenzioni e gli si lanciarono dietro gridando: Bulkington! Bulkington!. Non avrei mai creduto che quel nome, di lì a poco, sarebbe risonato ancora nelle mie orecchie... Verso le dieci il locale cominciò a vuotarsi come per incanto, e il mio pensiero corse nuovamente al fiociniere: decisamente, l'idea di dover passare la notte con quello sconosciuto mi metteva a disagio. Dopo una certa esitazione, mi rivolsi all'albergatore dicendo: Sentite, ho cambiato idea. Invece di passare la notte con quel fiociniere, mi metterò a dormire qui, sopra una panca. Come preferite rispose quello. Vi avverto, però, che non ho coperte da darvi. Ne farò a meno. Spinsi una panca contro la parete e mi ci sdraiai sopra. Subito dopo capii che avevo agito con leggerezza. L'aria che s'infiltrava sotto la porta e attraverso gli interstizi della finestra agghiacciava l'atmosfera della stanza, rendendo la situazione insostenibile. Mi misi a sedere, e per un'ora buona battei i denti. Restai a osservare per un po' i clienti che entravano uno dopo l'altro per raggiungere le loro camere. L'albergatore, sempre dietro il banco, era intento a tagliare tranquillo un pezzo di legno per farne qualcosa che somigliava a uno stuzzicadenti. Padrone gli dissi, è quasi mezzanotte. Quel fiociniere rientra sempre a ore tanto impossibili? No rispose l'albergatore senza alzare lo sguardo. In genere torna di buon'ora. Mi domando che cosa può averlo trattenuto... Non credo che sia riuscito a vendere la testa. La testa? Che diavolo mi andate raccontando? Sì, la testa continuò l'albergatore con la sua voce strascicata. Glielo avevo detto che non sarebbe stato facile venderla a New Bedford. Il mercato ne è saturo... Saturo? Ora cominciavo ad arrabbiarmi sul serio. Saturo di che cosa? Beh, di teste, accidenti! Ho l'impressione che abbiate deciso di fare scoppiare la mia testa scattai. Se volete prendermi in giro, vi sbagliate di grosso. Quanto alla testa di quel tale... Sentite, amico: volete un consiglio? Non parlate male di quel fiociniere. In caso contrario, quello è capacissimo di rompervi il muso. A meno che non sia io a rompere il suo! Calma, calma! fece l'albergatore. Mi spiegherò meglio. Il ragazzo in questione arriva dai mari del sud, e ha portato dalla Nuova Zelanda alcune teste imbalsamate. Semplici curiosità locali, capite? Ora, lui è riuscito a venderle tutte, meno una, quella che voleva sistemare oggi, appunto perché domani è domenica. Non pretenderete che vada a offrire una testa imbalsamata alla brava gente che si reca in chiesa, vero? Domenica scorsa, dovetti sudare sette camicie per impedirgli di uscire con quattro teste infilate con uno spago, a corona. Lasciai passare qualche minuto, poi, dopo avere ben riflettuto, ripresi: Quel fiociniere dev'essere un uomo pericoloso. Ma no, che dite! protestò l'albergatore in tono conciliante. Per quanto mi concerne, non posso lamentarmi di lui. Paga con regolarità. Dopo aver gettato un'occhiata alla pendola, aggiunse: Quasi mezzanotte. Secondo me, dev'essersi fermato in qualche posto, e allora non lo rivedremo prima di domani.