/<1977>/ Per evitare gli effetti degli incroci, sarebbe assolutamente necessario rimettere in libertà nella nuova sede soltanto una varietà. Cionondimeno, dato che sicuramente le nostre varietà regrediscono occasionalmente fino alla forma ancestrale limitatamente ad alcune caratteristiche, non mi sembra improbabile che, se riuscissimo ad adattare o intendessimo coltivare, per molte generazioni, per esempio le varie razze di cavoli in un terreno assai magro (però, in questo caso, l'effetto potrebbe essere attribuito in parte all'azione diretta del terreno magro), dette razze ritornerebbero in larga misura, o persino integralmente, all'originario ceppo selvatico. Che l'esperimento abbia, o meno, successo, non ha grande importanza per il nostro ragionamento, in quanto l'esperimento in sé muta le condizioni di vita. Se si potesse dimostrare che le nostre varietà domestiche presentano una forte tendenza alla reversione, vale a dire una tendenza a perdere i caratteri acquisiti, pur rimanendo inalterate le loro condizioni e pur disponendo di un considerevole numero di individui (in modo da eliminare anche le più modeste deviazioni strutturali, confondendole insieme grazie a ripetuti incroci), in tal caso riconoscerei che dalle nostre varietà domestiche non potremmo dedurre nulla riguardo alla specie. Però questa opinione non è sostenuta neppure dall'ombra di una prova; sarebbe contrario ad ogni esperienza sostenere che non si possono allevare, per un numero di generazioni pressoché infinito, cavalli da tiro e da corsa, bovini a corna lunghe o corte, pollame di varie razze e piante alimentari. Posso aggiungere che, quando in natura mutano le condizioni di vita, è probabile che si abbiano variazioni e reversioni dei caratteri, però, come dimostreremo in seguito, sarà la selezione naturale a stabilire fino a che punto si potranno perpetuare i nuovi caratteri che si saranno formati in questo modo (9). Quando osserviamo le varietà ereditarie o razze dei nostri animali e vegetali domestici e le confrontiamo con specie strettamente affini, in genere, come già si è detto, nelle razze domestiche scorgiamo una minore uniformità di carattere nelle vere specie. Inoltre le razze domestiche di una medesima specie molte volte hanno caratteristiche alquanto mostruose. Con questo intendo dire che, pur differendo, per molti aspetti di scarso rilievo, tra di loro e dalle altre specie dello stesso genere, spesse volte differiscono in grado estremo in qualche singolo elemento, sia se messe a confronto reciproco sia, e più specialmente, se confrontate con tutte le specie allo stato naturale con le quali hanno la massima affinità. Con queste eccezioni (e con l'eccezione della perfetta fecondità della varietà, quando vengono incrociate - e su questo argomento ritorneremo in seguito) le razze domestiche di una stessa specie differiscono tra di loro nello stesso modo (ma, nella maggior parte dei casi, in minor grado) in cui differiscono tra di loro, allo stato naturale, le specie più affini appartenenti ad uno stesso genere. Ritengo che questo fatto debba essere ammesso, dal momento che troviamo che ben poche sono le razze domestiche, sia tra gli animali sia tra i vegetali, che qualche giudice competente non abbia classificato come semplici varietà e che altri giudici, altrettanto competenti, non abbiano considerato come discendenti da specie distinte fin dall'origine. Se tra le razze e le specie domestiche esistesse una qualsiasi distinzione ben marcata, dubbi di questo genere non potrebbero riaffacciarsi di continuo. E' stato spesso affermato che le razze domestiche non differiscono tra di loro per caratteristiche aventi valore generale. Penso che si potrebbe dimostrare che questa affermazione è ben poco esatta, però i naturalisti sostengono le opinioni più disparate quando si tratta di definire quali caratteri hanno valore generico, dato che, per ora, tutti i criteri di valutazione sono empirici. (Per di più, se ci basiamo sulla concezione relativa all'origine dei generi che mi accingo ad esporre, non possiamo sperare, osservando i prodotti dell'addomesticamento, di imbatterci molto spesso in differenze di ordine generico) (10). Quando cerchiamo di apprezzare l'entità delle differenze strutturali fra le razze domestiche della stessa specie, ci coglie immediatamente il dubbio, non potendo sapere se discendono da una sola o da parecchie specie originarie. Questo sarebbe un punto interessante, se ci riuscisse di chiarirlo. Per esempio, se si potesse dimostrare che il levriero, il segugio, il terrier, lo spaniel ed il bull-dog (razze che attualmente si riproducono, come a tutti è noto, con tanta purezza) sono discendenti da una sola specie, avremmo ottime ragioni per mettere in dubbio l'immutabilità delle molte specie naturali assai affini ad essi (delle numerose volpi, per esempio) che vivono nelle più diverse parti del mondo. Siccome la causa più importante di tutti i mutamenti organici è una causa quasi indipendente dall'alterazione, talora subitanea, delle condizioni fisiche, ossia è il reciproco rapporto fra organismo ed organismo (per cui il perfezionamento di un essere si accompagna al miglioramento od alla distruzione di altri), ne consegue che la quantità di mutamenti organici nei fossili di formazioni consecutive rappresenta probabilmente un ottimo criterio di valutazione del passaggio del tempo. Però diverse specie rimanendo unite in blocco potrebbero rimanere immutate per lunghi periodi, mentre nello stesso periodo, parecchie di queste specie, migrando in nuovi paesi ed entrando in competizione con altre specie estranee, potrebbero andare incontro a modificazioni. Per questo non dobbiamo sopravvalutare la precisione dei mutamenti organici come misura del tempo. (Nei primi tempi della storia della terra, quando le forme di vita erano probabilmente meno numerose e più semplici, probabilmente il ritmo del mutamento era più lento e all'alba della vita, quando esistevano pochissime forme dalla struttura estremamente semplice, il ritmo del mutamento deve essere stato estremamente lento. L'intera storia del mondo, qual è conosciuta attualmente, pur avendo una durata per noi del tutto incomprensibile, in futuro sarà riconosciuta per un semplice frammento di tempo se messa a confronto con le età che sono passate da quando fu creata la prima creatura, progenitrice di innumerevoli discendenti estinti e viventi) (22). Nel remoto futuro vedo campi aperti a ricerche di gran lunga più importanti. La psicologia poggerà su nuove fondazioni, ossia sulla necessaria acquisizione di ciascuna capacità e facoltà mentale per gradi successivi. Si farà luce sull'origine dell'uomo e sulla sua storia. Autori di altissima levatura sembrano perfettamente soddisfatti dell'opinione che ciascuna specie sia stata creata indipendentemente. Per la mia mentalità meglio si accorda con quanto conosciamo delle leggi impresse sulla materia dal Creatore il concetto che la produzione e l'estinzione degli abitanti passati ed attuali del mondo siano derivati da cause seconde, simili a quelle che determinano la morte e la nascita dell'individuo. Quando concepisco tutti gli esseri non come creazioni speciali, bensì come discendenti diretti di alcuni, poco numerosi, esseri vissuti molto prima che si depositassero i primi strati del sistema siluriano, mi sembra che ne escano nobilitati. Giudicando in base al passato, possiamo dedurne con sicurezza che non vi è specie vivente che trasmetterà inalterati i propri caratteri alla remota posterità. E delle specie che ora vivono ben poche trasmetteranno al futuro una qualsiasi progenie. Infatti il modo in cui sono raggruppati tutti i viventi dimostra che il maggior numero di specie di ciascun genere e le specie di molti generi non hanno lasciato discendenti, ma si sono estinte completamente. Per il momento possiamo gettare uno sguardo profetico sull'avvenire e prevedere che le specie comuni e largamente diffuse, appartenenti a gruppi vasti e dominanti, finiranno col prevalere e procreeranno nuove specie dominanti. Poiché le attuali forme viventi sono le discendenti lineari di quelle che vissero molto prima dell'epoca siluriana, possiamo essere certi che la successione ordinaria tramite generazione non è mai stata interrotta e nessun cataclisma ha devastato il mondo intero. Quindi possiamo guardare con una certa fiducia ad un avvenire sicuro, anch'esso di durata inconcepibile. E siccome la selezione naturale opera esclusivamente tramite e per il bene di ciascun essere, tutti gli arricchimenti corporei e psichici tenderanno a progredire verso la perfezione. E' interessante contemplare una rigogliosa ripa fluviale, coperta di molte piante appartenenti a molti tipi, con gli uccelli che cantano tra i cespugli, i diversi insetti che svolazzano intorno e con i vermi che strisciano nel terreno umido, e riflettere che queste forme dalla struttura così complessa, tanto differenti le une dalle altre e dipendenti le une dalle altre in modo talmente complicato, sono state tutte prodotte dalle leggi che operano attorno a noi. Queste leggi, prese in senso generale, sono lo sviluppo con riproduzione, l'eredità praticamente insita nella riproduzione, la variabilità legata all'azione indiretta e diretta delle condizioni esterne di vita e all'uso e non uso, un ritmo di incremento numerico talmente alto da portare alla lotta per la vita e conseguentemente alla selezione naturale, che a sua volta comporta la divergenza dei caratteri e l'estinzione delle forme meno perfezionate. Dunque dalla guerra della natura, dalla carestia e dalla morte, nasce la cosa più alta che si possa immaginare: la produzione degli animali più elevati. Vi è qualcosa di grandioso in questa concezione della vita, con le sue molte capacità, che inizialmente fu data a poche forme.