/<1994>/ L'avventura del carbonchio azzurro. Natale era trascorso da due giorni quando andai a far visita al mio amico Sherlock Holmes: volevo porgergli gli auguri per il nuovo anno. Lo trovai che oziava sul divano, avvolto in una veste da camera color porpora con un reggipipe a portata di mano da un lato e dall'altro una pila di giornali spiegazzati evidentemente consultati da poco. Accanto al divano c'era una sedia con un cappello di feltro sdrucito e consunto appeso alla spalliera e un paio di pinze chirurgiche e una lente d'ingrandimento sul ripiano imbottito che, pensai, dovevano esser state usate per esaminare a fondo il cappello in questione. Siete occupato? chiesi. Vi ho forse interrotto? No, affatto. Mi fa sempre piacere avere a disposizione un amico con cui discutere i risultati delle mie ricerche. Il soggetto è senz'altro insignificante, e Holmes indicò il vecchio cappello malconcio ma possiede qualcosa di interessante, direi addirittura di istruttivo. Mi sedetti su una poltrona accanto al fuoco per scaldarmi le mani; la giornata era freddissima, dall'esterno delle finestre pendevano innumerevoli ghiaccioli, e dissi: Suppongo che, nonostante l'aspetto innocuo, quel vecchio cappello sia collegato a qualche truce storia, magari è la chiave per condurre alla soluzione di un mistero o addirittura alla punizione di un delitto. Sherlock Holmes rise. Oh, no, niente delitti. Si tratta solo di uno di quei piccoli, bizzarri incidenti che accadono quando milioni di esseri umani lottano tra di loro nello spazio angusto di poche miglia quadrate. E tra le azioni e le reazioni di questa umanità formicolante si possono individuare una quantità di situazioni interessanti, magari strane e singolari ma non certo criminose. Abbiamo già avuto esperienze del genere, se ben ricordate. Eccome confermai. Tanto che degli ultimi sei casi da me annotati nel mio diario, tre non avevano niente a che fare con crimini e delitti. Giusto. Voi alludete certo al tentativo di recuperare i documenti di Irene Alder, al caso singolare della signorina Mary Sutherland e all'avventura dell'uomo con il labbro storto. Bene. Io non ho dubbi che la vicenda del cappello andrà ad aggiungersi alla stessa innocente categoria. Conoscete Peterson, il fattorino, mio caro Watson? Si. Questo trofeo gli appartiene. Il capello è suo? No, no, lui l'ha trovato, ma il vero proprietario è sconosciuto. Vi prego, amico mio, osservatelo non come un qualsiasi oggetto banale ma, piuttosto come una sfida all'intelletto. Prima di tutto vi spiegherò in che modo è arrivato qui. E'stato la mattina di Natale e l'ho avuto insieme a una bella oca grassa che sicuramente, in questo momento, sta arrostendo in casa Peterson. E ora, i particolari. La notte della vigilia Peterson, una brava persona onesta e corretta, stava rientrando a casa dopo aver passato qualche ora in allegria con degli amici e percorreva Tottenham Court Road. Davanti a sé, alla luce dei fanali, vide un uomo alto dall'andatura traballante con un'oca bianca che gli penzolava da una spalla. All'angolo di Goodge Street costui venne circondato da un gruppetto di giovinastri che presero a infastidirlo. Uno gli fece volar via il cappello che cadde a terra. Allora l'uomo alzò il bastone per difendersi e mentre lo faceva ruotare sopra la testa disgrazia volle che mandasse in pezzi la vetrina di un negozio alle sue spalle. Peterson si era lanciato generosamente in avanti per proteggere lo sconosciuto dalla marmaglia, ma quello, già spaventato per aver rotto la vetrina, vedendo accorrere un individuo in uniforme si spaventò ancora di più; lasciò cadere l'oca e scappò a gambe levate scomparendo nel dedalo di vicoli a ridosso della Tottenham Court Road. Anche i suoi persecutori erano fuggiti all'arrivo di Peterson, così il nostro fattorino rimase padrone del campo di battaglia e delle spoglie di guerra, vale a dire un cappello logoro e una grassa oca natalizia. Che sicuramente avrà restituito al legittimo proprietario, immagino. Amico mio, qui sta il problema. E' vero che l'oca aveva legato alla zampa sinistra un cartoncino con la scritta: Per la signora di Henry Baker ed è anche vero che sulla fodera del cappello erano stampate due iniziali: H. B. ma siccome qui a Londra esistono alcune migliaia di Baker e diverse centinaia di Henry Baker, non era certo una cosa facile rintracciare la persona giusta. E allora, che cosa fece Peterson? La mattina di Natale mi portò sia l'oca che il cappello, sapendo che a me anche dei fatti insignificanti possono interessare. L'oca è rimasta qui fino a stamattina, fino a quando cioè, segni indubbi ci hanno fatto capire che, nonostante il gelo, si rendeva necessario mangiarla subito. Peterson l'ha portata via e, come ho già detto, a quest'ora si sarà già trasformata in un succulento arrosto, e io ho trattenuto il cappello dello sconosciuto personaggio che lo perse insieme al suo pranzo di Natale. Non avete cercato di rintracciarlo tramite un annuncio sui giornali? No. Avete forse qualche indizio per stabilirne l'identità? Solo poche deduzioni. Tratte da questo cappello? Proprio così. Via, Holmes, voi scherzate! Che cosa si può tirar fuori da un vecchio feltro consunto? Ecco qua la lente d'ingrandimento. Voi che conoscete i miei metodi, che cosa riuscite ad acquisire sulla personalità dell'uomo che ha usato questo cappello? Presi in mano l'oggetto in questione, lo girai e rigirai da tutte le parti con attenzione. Era un comune cappello nero a bombetta, logoro per l'uso prolungato. La fodera un tempo doveva esser stata rossa ma ora il raso era molto scolorito. Non c'era il nome del fabbricante ma, come Holmes mi aveva anticipato, si intravedevano, tracciate a penna, le iniziali H. B. La falda era stata forata per farvi passare un elastico, ma l'elastico mancava. Il feltro era polveroso e macchiato in diversi punti e là dove il colore si era corroso qualcuno aveva tentato di ravvivarlo passandovi sopra dell'inchiostro. Io non vedo niente di speciale dissi restituendo il cappello. Al contrario, Watson, ci si può leggere una quantità di cose. Siete voi che non riuscite a trarre delle conclusioni, forse per mancanza di fiducia in voi stesso. Allora, per favore, Holmes, ditemi che cosa ci vedete voi, in questo banale copricapo. Lui lo prese e lo fissò con quello sguardo acuto, penetrante, che è una sua caratteristica. Forse non invita gran che alla meditazione osservò però offre diverse deduzioni, più o meno evidenti. Per esempio, il proprietario deve essere un uomo di grande valore intellettuale che, fino a circa tre anni fa doveva trovarsi in buone condizioni finanziarie. Poi credo abbia subito un rovescio di fortuna. Un tempo accorto e prudente, le sue qualità sono poi degenerate e questo, considerando anche il declino della sua fortuna, deve averlo portato a bere. Questo spiegherebbe perché sua moglie non lo ama più. Mio caro Holmes Quest'uomo, tuttavia, proseguì Holmes, senza tener conto della mia interruzione mantiene ancora un certo rispetto di sé. Conduce una vita abitudinaria, esce raramente, è piuttosto fiacco, di mezza età, ha capelli brizzolati che si è tagliato pochi giorni fa e che unge di brillantina. Questi sono gli indizi più evidenti che si possono trarre dal cappello in questione. Ah, aggiungerei anche che di sicuro il nostro sconosciuto ha una casa priva di impianto a gas. Volete scherzare, Holmes? No, affatto. Ed è mai possibile, Watson, che dopo esser venuto a conoscenza tramite mio di tutti questi particolari, non arriviate a capire in che modo li ho scoperti? Beh, sarò uno stupido, ma confesso che non riesco a seguire i vostri ragionamenti. Per esempio, come avete dedotto che il proprietario del cappello ha un alto quoziente di intelligenza? Per tutta risposta Holmes si calcò in testa il cappello che gli scese fino alla radice del naso. E' una questione di capienza disse. Un uomo con un cervello così grosso non può non essere intelligente. E come spiegate il tracollo finanziario? Questo cappello è vecchio di almeno tre anni: fu circa tre anni fa, infatti, che la moda lanciò le tese piatte e arricciate ai bordi come questa. Ed è un cappello di ottima qualità, lo dimostrano il nastro di seta e la splendida fodera. Se il nostro sconosciuto tre anni fa poteva permettersi un cappello tanto costoso e in seguito non ne ha più comprati altri, questo significa che deve aver disceso molti gradini della scala sociale. Beh, sì, la spiegazione è convincente. Ma per quel che riguarda la degenerazione dell'accortezza, come la mettiamo? Sherlock Holmes scoppiò a ridere. Ecco qui disse, indicando il dischetto con l'asola per un elastico fermacappello. Questa roba non viene mai venduta insieme ai cappelli. Chi ne ordina uno non può che essere una persona accorta e prudente che non vuol essere presa alla sprovvista da un colpo di vento inatteso. Ma siccome l'elastico manca e non è stato sostituito, ciò significa che il proprietario non ha più l'accortezza di un tempo e che, di conseguenza, il suo carattere si è indebolito, ma non al punto da annientare ogni senso di dignità: infatti si è sforzato di nascondere le macchie e le scoloriture più evidenti impiastricciandole d'inchiostro. Un ragionamento plausibile, sì. E passiamo al resto. Basta osservare attentamente la parte inferiore della fodera per dedurre che è di mezza età, che ha i capelli brizzolati cosparsi di brillantina e tagliati da poco. La lente rivela una quantità di peluzzi tagliati dalle forbici del barbiere che emanano un odore abbastanza forte e aderiscono bene alla fodera. La polvere sul feltro, inoltre, non è quella grigia e sabbiosa delle strade, ma piuttosto quella scura, soffice delle case. Dunque il cappello è rimasto appeso a lungo in un'anticamera. All'interno invece ci sono delle chiazze di umidità a dimostrazione che l'uomo suda molto e, di conseguenza, non è in buone condizioni di salute. Ma sua moglie... avete detto che sua moglie non lo ama più... Il cappello non è stato spazzolato da settimane. Quando, mio caro Watson vi vedrò con un dito di polvere sul cappello, quando vostra moglie permetterà che ve ne andiate in giro in uno stato simile, allora sarò certo.